Dalla ricostruzione di un omicidio politico premeditato alla ricostruzione di una fase storica: l’associazione Tre VVVu discute sui fatti del 7 gennaio 1978 analizzati nel libro presentato sabato 25 gennaio in via Motta

La Storia degli Anni di Piombo deve essere ancora scritta. Non è sufficiente infatti elencare fatti, circostanze, scontri sanguinosi e morti che divisero in due una generazione. Oggi si può iniziare ad indicare dettagliatamente le circostanze che passarono sotto silenzio nelle cronache del tempo. Situazioni e circostanze che rischierebbero di non avere menzione in una trascrizione di quello spaccato della vita italiana, se non ci fossero nuove scritture.

In quel tempo a fronte di una contestazione giovanile i più grandi partiti del nostro paese preparavano “grandi alleanze”. Chiaro che le contraddizioni tra potere e soggettività in rivolta si esplicassero in modo irrefrenabile. Era una generazione che aveva il senso dell’utopia, categoria irrinunciabile per chi vuole cambiare davvero.

Dalla descrizione di un evento tragico – l’omicidio premeditato nei confronti di ragazzi che uscivano da una sezione del Movimento Sociale Italiano – si passa alla ricostruzione di un’intero clima di intimidazione e violenza. A ricordarlo, Vittorio Messa, presentato come “esponente giovanile della destra romana di quegli anni”.

Si toccano corde ancora vibranti quando a raccontare quei fatti sono persone rimaste illese dal fuoco degli assalitori di quel 7 gennaio 1978, tre mesi prima del rapimento e morte di Aldo Moro.

Il libro ha quindi il merito di iniziare una ricostruzione diversa dalla versione unica tramandata nei notiziari ufficiali di quel tempo: telegiornali tendenti ad anestetizzare il dolore di una generazione raccontata come deviante.

“Era una generazione di ragazzi di destra che ebbero il merito di impedire il sorpasso dei comunisti” – spiega Vittorio Messa. Ma non si possono capire i fatti di Acca Larenzia – sempre Messa – se non si comprende quel clima di violenza. Nel migliore dei casi l’impegno politico di quei ragazzi contribuì sensibilmente a cambiare il corso delle cose. Nel peggiore dei casi, invece, finì per diventare vittima della strategia della tensione.

Discutere sul libro – Chi sparò ad Acca Larenzia? di Valerio Cutonilli – consente così ai giovani dell’Associazione Tre VVVu e ai meno giovani testimoni (o superstiti) di quegli anni di affermare l’orgoglio di aver avuto ragione. Oggi è consapevole a tutti di come il comunismo sia stato una meteora rovinosa, un macigno che ha soffocato la persona e la naturale propensione a crescere delle società in cui si è instaurato. Eppure sulle spoglie di parole d’ordine storicamente sconfitte si tenta ancora di propagandare un egualitarismo carico dell’unica parola d’ordine dallo spessore semantico negativo: “antifascismo”.

E al di là delle ferite mai cicatrizzate resta l’allegria di esserci, di aver resistito, ridendo della rabbia di chi credeva di essere il destino del mondo ma a cui invece la Storia ha dato torto.