Se la democrazia si fondasse su regole lineari avremmo avuto un ballottaggio tra centrodestra e centrosinistra con questi due candidati a rivaleggiare: Alessandro Messa contro Simone Guglielmo. Sono loro quelli che hanno preso più voti. Messa e Guglielmo hanno chiamato il loro elettorato a scrivere sulla scheda i cognomi, a dare le preferenza su una scheda con dieci nomi e cognomi stampati e una miriade di simboli, molti dei quali inconsistenti. Il più eletto del centrodestra – Alessandro Messa – ha preso 781 voti di preferenza, il più eletto nel centrosinistra – Simone Guglielmo – ne ha presi 1266. Segue nell’ordine di idee dello schieramento Giuliano Santoboni del Movimento Cinquestelle a 665. Ecco! Se la democrazia rappresentativa dovesse essere conseguente a quel che predica, dovrebbero esser loro i contendenti alla massima carica amministrativa del Comune. E invece i professionisti della politica hanno preferito candidare a sindaco figure tattiche.
A guardar bene la campagna elettorale dei due candidati del centrodestra e centrosinistra si somiglia. Almeno nel metodo. Nessuna cena. Nessun grande evento. Nessun esibizione di mongolfiere a Villanova, per intenderci. Sono candidati che hanno basato tutto sul senso della loro comunità, dove i loro amici sono andati a perorare il candidato come se fossero loro direttamente a candidarsi. Lo stesso potrebbe dirsi di Santoboni, ma essendo enclave dei Cinquestelle a carattere monastico è quel che ci aspetta.
Nei due candidati in Consiglio, Messa e Guglielmo, il loro vanto consiste nell’aver condotto una campagna elettorale a zero spese, dove il risultato è quello della loro comunità prima ancora di quello loro personale. Un comportamento che l’elettorato ha sicuramente riconosciuto meglio, rispetto alle precedenti campagne elettorali dove mediamente i candidati si spendevano in effetti speciali e iniziative per coinvolgere.
Una riflessione sul modo di formarsi delle rappresentanze è un passaggio obbligato per chiunque voglia ancora ragionare di regole della democrazia e sui sistemi di captazione delle preferenze. Queste elezioni mostrano che la sorpresa della lista sovranista che porta Giovanna Ammaturo candidata-sindaco non ha grandi portatori di voti. L’otto per cento di chi ha votato ha dato a loro la preferenza, al di sopra di ogni previsione e senza alcun capo bastone. Il più votato per la Ammaturo è Giuseppe Comuniello detto Pino il mio barbiere che ha preso 232 voti di preferenza: più del migliore assessore ai lavori pubblici che la storia di Guidonia ricordi: Fabrizio Pirro che ne ha preso duecento candidato con Sinistra Popolare. (La democrazia è anche questo).
In questo clima di assenza di rappresentatività si deve vedere come andare al secondo turno. Emanuele Di Silvio che ha maggior margine per captare nuovi voti dovrà fare grandi aperture al rivale interno Simone Guglielmo che ora si presenta a lui con un credito di milletrecento voti. Lo stesso Di Silvio dovrà fare un patto chiaro anche con Aldo Cerroni vocato a fare l’apparentamento. Il problema sarà selezionare la lista che entra di fatto in maggioranza: nella composita compagine delle liste civiche bisogna pensare a non farsi nemici in casa.
Invece dorme sonni tranquilli Barbet che per scelta ideologica di movimento non fa apparentamenti con nessuno. E in fondo per lui non si pone nemmeno il problema di vincerle queste elezioni. Essere arrivati al secondo turno è già un grande risultato se paragonato all’andamento dei Cinquestelle nel resto d’Italia.
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