La direttrice dell’Imperiale stigmatizza come insufficienti le misure prese dal ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini. Con lei tutti i gestori di spazi pubblici predisposti a spettacoli in Italia
Una misura peggiore del male che intendeva curare. Una modalità per strangolare i teatri facendoli lavorare in remissione. Un dispositivo, quello per la riapertura dei teatri, manchevole, lungagginoso, pieno di burocratismi e incongruità. Questa è la sentenza che i direttori di teatro italiani danno alle misure adottate da Franceschini per la riapertura degli spettacoli. La direttrice Anna Greggi in linea con loro.
La nota dolente consiste nell’imposizione a un quarto degli spettatori potenziali. “Essendo moralmente obbligati ad aprire con prezzi popolari, l’incasso per una serata sarebbe poco più di mille euro. Considerando i tecnici, tutto il personale che debbo chiamare anche per una sola serata, andrei sicuramente in remissione” – Spiega Anna Greggi.
“E poi – continua Greggi – è anche una condizione di solidarietà con gli altri teatri per cui queste condizioni sono proprio proibitive. Non posso aprire l’Imperiale quasi a dispetto di altre strutture che sarebbero di fatto costrette a rimanere chiuse.
“La polemica – insiste la direttrice del teatro Imperiale – è al netto della situazione che stiamo vivendo e considerando anche il dato dei contagi che sta aumentando. Tutte considerazioni giuste. Ma questa misura mi pare proprio sia stata concepita dal ministro per mostrarsi bello e lasciare gli altri in difficoltà. Si dice in sostanza a noi direttori di teatro, ‘la normativa è stata approvata, ora se non apri il tuo teatro è una tua scelta’.”
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