Il nostro paese sul tema del fascismo non riesce ad operare la riflessione critica distaccata che si chiama: secolarizzazione. La parola ” fascismo ” entra nel vocabolario come aggettivazione dispregiativa per ridurre espressioni politiche e culturali all’epiteto a al rifiuto. Ma questo non avviene solo nella dialettica politica. Guidonia dà un aggiornamento all’applicazione di un sistema classificatorio che la consigliera di Forza Italia, Arianna Cacioni, ha giustamente definito: “ipocrita”.
Tutto è nato da un concorso indetto dal Comune. Ai i ragazzi delle scuole è assegnato il compito di proporre il nome di persone scomparse dalla memoria comune con la finalità di dedicare a loro una via o una piazza. Nel novero di proposte quella di Maria Bergamas – madre che ebbe l’onere di selezionare una salma per il milite ignoto – è apparsa a tutti una scelta con il giusto grado di simbolismo per la conservazione della memoria storica del Paese.
Ed è qui che ci è scappato il busillis. Pare che la donna avesse mostrato simpatia per il regime fascista fino ad essere candidata nell’Msi di Giorgio Almirante. (Fu nel novero di un’operazione simbolica in cui il segretario del partito della destra italiana volle riempire le liste dell’Msi di persone che avevano in silenzio dato un contributo all’idea di patria). Ma è anche vero che Maria Bergamas era una donna modesta mai impegnata in politica. La regola per cui la persona proposta non dovesse avere implicazioni col fascismo però era stata scritta nel regolamento (probabilmente perché non fosse proposto lo stesso Giorgio Almirante). Una volta trovata questa labile vicinanza, il nominativo è stato scartato dopo essere stato approvato.
Oltre alla pessima figura di Guidonia davanti al resto del Paese – visto che la notizia diventerà dominio pubblico – si evidenziano momenti di grottesca sceneggiatura, buoni per una pièce comica, se invece non fosse anche vera con punti drammatici. L’elemento drammatico sta nel fatto che l’antifascismo in questo millennio si mostra come inciampo e non come limite entro il quale rifondare l’idea di libertà e democrazia volute dai nostri costituenti. Oggi ci accorgiamo che il termine “antifascismo” non consente di eliminare a priori derivazioni che significano intolleranza e demolizione del diritto a pensare e dire. Nella nostra Storia recente, invece l’antifascismo è stato praticato come una clava e finalizzata ad attuare quella che fu chiamata “strategia degli opposti estremismi”. Sì, perché anche applicare “l’antifascismo militante” implica altrettanti atteggiamenti di intolleranza e violenza. Oggi che abbiamo anche superato le strumentalizzazioni degli scontri nelle strade, si pone proprio come problema di funzionalità. La regola dell’antifascismo si incastona in momenti del vissuto comune e non consente di vivere ma di fermarsi ogni volta per continuarci a chiedere se trattasi di vero contenuto fascista o di reliquia di un mondo trapassato e consegnabile tranquillamente a coloro che trovano in questo angolo della memoria un qualche momento di svago consolatorio.
Oggi si è trattato di una povera madre che aveva perso un figlio in guerra. Domani e domani ancora inciamperemo sulla scritta di un vecchio palazzo o sull’architettura di piazza da restaurare o altro. Gli avvenimenti mondiali che viviamo dovrebbero insegnarci che altri sono i problemi e la categoria di antifascismo – comunque la si pensi – non aiutano a risolverli.
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