Circostanze tutte da chiarire quelle in cui l’ex responsabile dei Castelli nel Partito Democratico ha perso la vita

Ore 12,50. Il senatore Bruno Astorre è deceduto cadendo dalla finestra del quarto piano della sede senatoria di Palazzo Cenci. Chiaramente le circostanze aprono alla supposizione di un suicidio ma gli inquirenti dovranno accertare ogni dettaglio della vicenda prima di poter trarre una conclusione probatoria. Tra queste anche se il senatore del PD abbia lasciato un biglietto in cui spiega il gesto.
L’11 marzo avrebbe compiuto sessant’anni. Era diventato senatore dieci anni fa dopo una lunga militanza che lo aveva visto consigliere regionale dopo esser stato responsabile territoriale ai Castelli romani. L’elezione ai massimi scranni della camera legislativa non lo aveva mai visto distogliersi dalle questioni di partito- Era infatti segretario regionale del PD da fine 2018. Sempre in chiave strettamente territoriale i suoi legami personali. Era sposato con Francesca Sbardella, sindaca di Frascati – sempre del PD:
Astorre era il classico uomo politico di vecchia generazione, nonostante la non tarda età. Sempre impegnato su più fronti la sua capacità era quella di coordinare e tenere sotto controllo mille situazioni contemporaneamente. Sempre attaccato al suo telefono soleva infatti dire mostrandolo ai suoi avventori: “questo mi ha accompagnato in tanti anni di lavoro politico. E lo sai perché sono arrivato? Perché rispondo a tutti”.
Astorre riuniva la qualità del politico di razza, con idee precise, concrete, perseguibili, ad un senso della mediazione ed una pazienza da tessitore veramente unica nei nostri tempi. A lui si deve se tante querelle di partito a livello regionale e poi nazionale non sia debordate in spaccature evidenti.
Sempre carico dei suoi limiti aveva l’ambizione di arrivare ma non quella di strafare. Qualsiasi soggetto politico o istanza che poteva girargli attorno sarebbe stata da lui ben ponderata senza chiudere mai la porta in faccia a nessuno.
Ed è per questo che l’ipotesi del suicidio in una persona come lui, sempre pieno di iniziativa, carico di vitalità e pronto a sostenere cause importanti e minimali, si pone come una spiegazione difficile da accettare. La fine di una vicenda umana per un protagonista della politica territoriale assume i contorni di una vicenda giallistica dove le risposte si cercano nel chiarimento di tutte le circostanze specifiche, tali da spingere un uomo da quella finestra su Lungotevere Cenci, davanti al fiume e alla parte posteriore di quello che i romani chiamano “il Palazzaccio”.

Ancora nessun commento