
Secondo le tendenze più aggiornate in neurologia, dobbiamo preoccuparci molto di più quando la nostra memoria si ossessiona a ricordare che quando dimentica. Tanto più quando dimentica per scelta etica. E anche se oramai è totalmente assimilata la versione offerta da Freud e da Proust per cui storie, traumi, momenti di grande felicità o infelicità personali possono essere assimilati ad identici momenti nella Storia di tutti, c’è chi si ossessiona a difendere la versione unica.
Non si capisce perché specialmente in Italia ci si ostini su un confronto ossessivo tra categorie che hanno sedimentato rabbia, morte e devastazione settantacinque anni fa. Un tempo per cui sono pochi oramai che possono effettivamente ricordare. Eppure gli echi di queste storie continuano a fornire contenuti divisivi, polemici. Nel caso di Affile queste conflittualità sono finite in sede giudiziale.
È il caso per cui l’Anpi ha perso un contenzioso legale col sindaco e due assessori della sua giunta ad Affile. Sì perché gli eredi dei partigiani hanno sostenuto che si fosse violata la legge per apologia del fascismo avendo esibito la foto del Generale Rodolfo Graziani, vissuto proprio ad Affile. (Entrando in consapevole contraddizione con quanto sopra auspicato, Graziani fu il generale che condusse l’invasione dell’Etiopia e aderì alla Repubblica di Salò).
Tutto perché ad Affile esiste una tomba. E questo è concesso. Non era concesso esibire l’immagine del militare. Così ha pensato l’Associazione nazionale partigiani italiani che si è anche costituita parte civile. IL reato era quello di aver impiegato delle risorse pubbliche per onorare il ricordo per il militare deceduto nel 1955. Sessantacinque anni non sono abbastanza per consegnare la controversa figura alla discussione degli storici? Pare proprio di no.
I ricorrenti hanno vinto in due sedi di giudizio contro gli amministratori di Affile, fino ad arrivare alla Corte di Cassazione dove però l’ha spuntata però l’avvocato Vittorio Messa. Il legale ex deputato della repubblica era accompagnato dai colleghi Ignazio Larussa e Alessandro Palombi. Un collegio di avvocati di primissimo livello per ottenere il diritto di esibire un’immagine in quello che viene interpretato come un mausoleo alla memoria.
L’episodio si aggiunge alla riflessione di partenza per cui le storiografie convivono in vicende mai semplificabili con la logica dei buoni e dei cattivi. A sostegno di quella che dovrebbe essere un’acquisizione oramai pacifica un libro recentemente pubblicato. IL titolo: La terapia dell’oblio. Contro gli eccessi della memoria. Edito da Rizzoli, l’autore è Paolo Mieli. Dovrebbe diventare patrimonio degli irriducibili di battaglie vinte più di settant’anni fa. Oggi dovrebbero essere consegnate alla Storia e invece ancora fanno parte della cronaca. Anche giudiziaria.
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