Erano anni, dal 2014, che il soffiate sul fuoco continuava. Da qualche parte doveva scaturire. La continua tensione militare in Donbass, quando manifestanti armati si sono impadroniti di alcuni palazzi governativi dell’Ucraina orientale. Poco prima era stata proclamata l’autonomia della Crimea. Tutto poneva in crisi il ruolo assolutamente egemone della Russia che, sebbene avesse perso il discrimine ideologico, conservava ancora più fortemente quello militare.

La Russia, sempre di Putin, non poteva tollerare a lungo una manovra di svincolo totale dell’Ucraina da sé stessa. E in verità non era solo per motivi strategici o di economia dell’impero. L’Ucraina rappresenta la quintessenza del sovietismo, dell’immaginario russo. Non poteva essere tollerato alcun disegno autonomista.

In questo gioco si è inserito in modo mellifluo ma sostanziale la lusinga dell’Occidente rappresentata solo in modo appannato dalla vicina Europa a cui l’Ucraina vuole giustamente sentirsi legata e parte. Il coinvolgimento dell’Ucraina nella strategia della Nato non va giù alla Russia di Putin e serve poco dire, che in verità, quella partizione di potenze è insensata, oggi. La Russia ha sempre visto la Nato come il nemico da battere e con lei il mandante più insidioso, gli Stati Uniti.

In questo quadro di timore e tremore, mitigato dagli interessi al gas da parte dell’Italia e della Germania, era inevitabile che la tensione avesse un esito. Quando è arrivata la proclamazione di volontà nell’annessione Nato da parte del presidente ucraino, la provocazione è stata insostenibile da mitigare in forma diplomatica.

Ora i bombardamenti che partono tra tre versanti diversi avranno come obiettivo quello di fiaccare l’economia dell’Ucraina. Non ci sono perdite umane che si giustificano in questo versante. Ma le conseguenze sono tanto più inimmaginabili per gli esiti futuri anche l’indomani di una pacificazione. Impossibile da parte degli Stati Uniti non essere catalogati dai russi come grandi istigatori, difficile ristabilire un ponte di relazioni e contatti che parevano del tutto naturali con la venuta meno della Guerra Fredda.

Aldilà dei proclami delle massime autorità europee, difficile da parte dell’Unione riuscire a ritagliare in questa fase tragica un ruolo finalmente risolutivo. Ciascuno, ma specialmente Italia e Germania, cercheranno trattative private per assicurarsi gli approvvigionamenti energetici e sarà di tutto interesse per la Russia garantirglieli. Ed è per questo che si dà tanta voce all’Europa. Nessuno stato-nazione cerca di stabilire un ruolo propositivo e dirimente per la fine immediata di questi bombardamenti. Il povero Macron ci ha provato, forte della sua autonomia in fatto energetico, riscontrando l’insuccesso che è evidente.

Ma il contraccolpo sarà forte anche per la Russia che da oggi sarà guardata con maggiore sospetto dalla Cina sulla quale ha iniziato ad aggrapparsi. E sarà un guardare circospetto l’uno con l’altro. Alla faccia della distensione internazionale.

IL problema è che non si capisce come la politica sia solo una variante della Fisica newtoniana per cui ad un’azione corrisponde una reazione uguale ed opposta.