La giornata del 24 maggio 2017 sarà ricordata nella storia italiana come quella della prima visita del presidente degli Stati Uniti in Italia. Poco conta il livello di simpatia del tycoon. Non ha importanza quanto Donald Trump incontri come gradimento. È il presidente degli Stati Uniti. Ebbene, la sua visita non è stata frettolosa. Trump ha seguito ogni protocollo. Ha ricucito, o almeno ci ha provato, un batti e risposta al vetriolo col Papa in cui aveva detto esplicitamente al Pontefice che la sua apertura verso l’immigrazione metteva in crisi gli stati nazionali che la subivano. Bergoglio non aveva gradito. Ora i due parlano. Donald Trump coglie l’occasione per visitare il presidente del Consiglio. La moglie va in visita alla Comunità di Sant’Egidio. Non c’è un saluto col sindaco di Roma. Non si sa se sono stati tentati contatti tra i due cerimoniali. Fatto sta che la comunità romana rappresentata dal suo sindaco non ha incontrato il presidente degli Stati Uniti che arriva a Roma per visite. Il primo cittadino non è degno di essere salutato. Anche per un incontro breve, accanto ad altre autorità. Tutto ciò non depone bene per la capacità di Roma nel sapersi relazionare. I contatti della prima cittadina della Capitale appaiono sempre più come polemici, da invettiva tra paesani. Anche Barack Obama arrivato a Milano per incontri privati, saluta in questa città la più grande rappresentativa italiana. Roma non appare. Non c’è. L’ex presidente degli Stati Uniti preferisce Milano. Roma non conta. Roma trapassata alla preistoria. Non è questa la decadenza di cui si va trattando dall’uscita del film La Grande Bellezza. Quel che sta capitando alla Capitale d’Italia, alla Città Eterna, è una caduta di rappresentanza in cui le sue massime autorità non hanno voce e capitolo, non sanno relazionarsi al loro interno. Sanno però dettare le condizioni alle realtà locali. Chiedono di attendere per decisioni sulla gestione dei rifiuti che debbono essere recepite perché prese dalla massima espressione di governo della città. Quando servirà questa massima autorità locale si porrà in termini molto netti con la Regione Lazio, affinché il presidente Zingaretti faccia il lavoro sporco di demandare rifiuti nel contado. Come Roma faceva ai tempi della sua antica grandezza. Solo che allora questi rifiuti formarono un monte che duemila anni dopo si visita come reperto storico: il monte di Testaccio. Tra duemila anni avremo falde irrimediabilmente inquinate, nuove discariche rimaste come emblema della mancanza di governo, territori lunari a ridosso della grande metropoli che rimarranno ad imperitura memoria. Ma noi non ci saremo. Noi tutti. Tantomeno noi di Guidonia.